A proposito di questo, uno scritto molto interessante trovato in uno status su fbook che mi pare offra diversi spunti di riflessione. Chi vuole leggere i commenti,trova qui la discussionea, che copio e incollo visto che non tutti sono iscritti a fb.
https://www.facebook.com/groups/approfo ... 747846171/La grossa sciocchezza dei deputati grillini sul "grano saraceno" è molto più sciocca di quanto non possa apparire. Non è sull'uso ridicolo del termine "grano saraceno", che mi vorrei soffermare (è già stato detto tutto), quanto sull'aspetto più profondamente antiglobalista, localista, autarchico, antistorico ed antieconomico ed ovviamente complottistardo, quell'aspetto che io aborro nei grillini molto più delle loro colossali ignoranze.
Dice che è un refuso: bene, crediamogli, e sostituiamo a "saraceno" il termine "straniero".
Dunque, per i deputati a cinque stelle, il dramma dei drammi sarebbe che "un terzo della pasta italiana è fatta con grano straniero". Dicono che è un inganno al consumatore, perchè l'ingenuo compra pasta "made in Italy" ed il granaccio invece è estero.
Primo: non so da dove risulti il dato "un terzo della pasta", vorrei vedere le cifre, ma la denominazione "made in Italy" è veritiera, per nulla ingannevole, dato che sono le lavorazioni (macinatura, impasto, trafilatura e essiccazione) che caratterizzano la produzione della pasta (prodotto finito) e non certo l'origine della materia prima (altrimenti il "caffè italiano" non esisterebbe, dato che la pianta di caffè ai nostri climi semplicemente non cresce).
In secondo luogo, è dal periodo dell'Impero Romano che il grano in Italia si importa. A quei tempi, dall'Egitto. In seguito, da altre terre. Da almeno il 1814, anno in cui la Russia aprì i porti della recentemente acquisita Crimea, il grano russo viene largamente esportato in tutta Europa, e ancor di più dal 1853, anno dell'abolizione dei dazi internazionali sui cereali (Ricardo....ricordate? Certo, i grilli manco sanno chi sia stato).
Nella situazione attuale, la produzione nazionale italiana di grano NON è assolutamente in grado di coprire le esigenze interne. L’Italia produce poco più del 50% del proprio fabbisogno complessivo di cereali e semi oleosi. Per quanto riguarda il grano, importiamo più del 50% del grano tenero e il 30/40% del grano duro.
Per quanto riguarda il grano tenero ne importiamo soprattutto dalla Francia, anche se negli ultimi anni sono aumentati gli arrivi da paesi dell’Est che fanno parte dell’Unione Europea (Ungheria, Romania, Polonia) – ma anche da Russia, Ucraina e Khazakistan.
Per quanto riguarda il grano duro, quello usato per la pasta, le aziende lo importano da Canada, Stati Uniti, Ucraina.
L'importazione ha quindi evidenti ragioni quantitative, ma anche qualitative. Il grano è composto da molteplici varietà con caratteristiche differenti, e le farine industriali si ottengono mescolando grani diversi, per dare stabilità al prodotto. La materia prima di importazione serve a migliorare il contenuto di glutine delle farine.
In commercio esistono spaghetti prodotti che “100% grano italiano”, ma questa scelta non attesta una qualità per forza superiore. La bontà non è legata all’origine della materia prima, ma alla capacità di saper fare spaghetti con materia prima pregiata.
Insomma, saraceno o ucraino che sia il grano, il testo dei grillini è sbagliato NEL CONCETTO, e va nella stessa direzione isolazionista, anzi, "sovrana", dicono loro, che, se seguita, ci riporterebbe ad una condizione economica e sociale da alto medioevo.
Marco Ottanelli