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Ne parlavo l'altro giorno su fb: di come sia cambiata la pubblicità nel corso degli anni. In questo caso era la Barilla, che da anni ha scelto di vendere il proprio prodotto non raccontando quanto sia buona, ma quanto questa tenga la cottura. Segno, secondo me, non solo di un palato assuefatto al sapore *industriale* ma anche alla scarsità di tempo da dedicare alla cucina. Non facciamoci illusioni: un sacco di persone - e ne conosco diverse - dicono di non amare le paste industriali perché troppo impegnative: basta pochissimo, anche solo un minuto, e la pasta si scuoce. Per questo, una pasta che tiene la cottura più delle altre, diventa più ambita: perché non ci costringe ad impegnarci più del necessario. Cuciniamo, e possiamo fare altro: stare sul computer, per esempio. O guardare la tv.

Insomma, la scelta di puntare su qualcosa che non sia la bontà per vendere un cibo: controllate voi stessi, se vi va. Nei primi due spot - girati da Salvatores - la parola *buona* non è pronunciata. E non credo sia un caso.

Lo spot però è molto bello. Molto ben fatto e recitato. E forse per questo mi sono venuti in mente quelli vecchi girati da Fellini. E siccome non credo che tutti li ricordino, li linko qua. Un salto indietro nel tempo a base di pasta. D'autore.

Era il 1985 quando Pietro Barilla riuscì in una delle imprese più difficili del tempo: convincere il "maestro" Federico Fellini a dirigere uno spot. Sì, perché il regista aveva sempre mostrato la sua avversione per la televisione e quindi per il mondo delle pubblicità.

Barilla fece ogni cosa possibile per assicurarsi la direzione di Fellini, anche perché sapeva che la notizia avrebbe attirato attenzioni e curiosità da parte del pubblico e soprattutto della stampa, con conseguenti benefici di immagine per l'azienda.

Lo spot, intitolato Alta Società, vede protagonista una coppia d'amanti a cena in un lussuoso ristorante. Al momento delle ordinazioni al loro tavolo si avvicinano alcuni camerieri e il maître, che inizia a consigliare raffinati piatti della cucina francese. Durante la lettura del menù i due sembrano più interessati a scambiarsi sguardi ammiccanti quando improvvisamente la donna ordina "rigatoni", fra la sorpresa generale di tutti i presenti. (...)



Ps sulla pasta di qualità, se ritenete possiamo avviare una discussione anche qui. Per ora, .

Osservazione molto, molto interessante.
Prima di dire la mia, devo però fare una premessa: io sono di Parma e quindi anche "di parte”... Con le debite proporzioni, chiedere a un parmigiano di palare male della Barilla è un po' come chiedergli di parlare male della mamma...

Detto questo secondo me la chiave è proprio in una frase che ha detto Teresa: “basta un minuto e scuoce tutto”. Mi spiego: che le paste industriali siano qualitativamente inferiori a quelle artigianali o comunque di alta qualità è una cosa ormai assodata. Cosa ci (mi) fa continuare però con le prime? Il prezzo. Io non mi vergogno a dirlo. Certo il pacco di pasta “buona” in dispensa c'è, per “quando viene qualcuno”. Ma per tutti i giorni vado di pasta industriale.
Ora interviene il secondo fattore: giusto o sbagliato nella coscienza (o nella credenza) collettiva c'è che la pasta industriale, specie a basso prezzo, appunto “basta un minuto e scuoce tutto”.
Ecco che allora per convincere l'Alessandro di turno, il signor Rossi o la signora Bianchi a scegliere la “mia” pasta cerco di far leva su quell'aspetto. Il sapore ormai lo conosciamo e appunto, sempre come diceva Teresa, siamo “assuefatti”. E all'atto pratico non ci sono grandi differenze. Ecco che quindi la cottura (o meglio, che non scuoce) può secondo me fare la differenza.
Senza dimenticare (mi viene ora) l'equazione “non scuoce=di qualità”. Giusto o sbagliato, nel consumatore medio (mi ci metto anch'io) c'è ormai l'idea che se una pasta scuoce facilmente è segno di bassa qualità, di una pasta poco buona. Ecco che se quindi ti dico che non scuoce, che è “di più” (come dice lo slogan) indirettamente ti dico che è più di qualità, più buona.
Ultima cosa, ho visto che le parole “più buoni”, scomparse nella pubblicità, compaiono invece sulle confezioni. Siccome credo che a quei livelli nulla sia fatto per caso, evidentemente dopo aver creato una serie di “sensazioni”, di “sentimenti” positivi nel consumatore con lo spot, quando è al negozio (e quindi quando può scegliere tra più marche) si ritiene utile ribadire anche che “da oggi ancora più buoni”. Come a dire: “sì, hai capito bene (con lo spot)”.

Un'interessante discussione in merito alla qualità della pasta ed a come riconoscere quella buona, l'ho avuta con il boss della pasta ...
Un tale Giuseppe Di Martino, forse tu lo conosci Teresa ;)
Tutto ciò direttamente al Pastificio dei Campi ...
Da allora il mio standard di qualità ha subito un'impennata che manco Valentino Rossi!!

Per quanto riguarda la pubblicità della Barilla, Pierfrancesco Favino è sempre il benvenuto a casa mia.
Che lasciasse quella sottospecie di pasta nel camion, però, che gli preparo io LA Pasta, quella con la P maiuscola, quella vera ... Di Gragnano, che non ci spendo neanche di più!!!