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Per chi non sapesse cosa sia, la nduja è uno dei più famosi salumi calabri. A base di peperoncino - tanto peperoncino - e carne di maiale. Tradizionalmente, viene insaccata nella parte cieca dell'intestino del maiale - orba, in dialetto calabrese- è da luogo a "salami" di un paio di chili di peso. Sia questo, che la composizione, fanno sì che questo salume non arrivi a stagionatura come gli altri salami più piccoli - le soppressate, per esempio - ma resti cremoso all'interno, di una consistenza spalmabile. Per questo, viene utilizzato per preparare crostini, ma anche per insaporire sughi, uova fritte, minestre e ragù. Una specie di d_ado ante litteram, insomma: quando la fame era tanta e le cose da mangiare poche - e non sono passati molti decenni da allora, per lo meno in calabria - la nduja faceva la differenza. Un tocco di questa riusciva a dare un tocco particolare anche ad un semplice uovo fritto: si scaldava nella padella e vi si cuoceva l'uovo che ne prendeva il sapore. Poi, lo si rovesciava in un piatto dopo averne ricoperto il fondo con una fetta di pane. Oppure, nella minestra di fagioli. O, ancora nel ragu' o nella zuppa di cipolle calabrese (la ). Quest'ultima, il mio uso preferito. Cipolle di Tropea cotte a lungo, fino a renderle crema e poi - a fine cottura - la nduja. Tanta: da rendere rosso il sugo. Ma non di pomodoro: peperoncino. E poi, si salvi chi può.
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Due o tre cipolle di Tropea di media dimensione,
olio per soffriggere,
300 gr di ndjua in budello,
100 gr ca. di passata di pomodoro,
pecorino per completare.
Iniziare soffriggendo la cipolla in olio a fuoco dolce (preferibilmente in un tegame di coccio). Una volta che questa si sia ben imbiondita (ci vorranno una ventina di minuti) aggiungere la nduja e soffriggere ancora per una decina di minuti.
Aggiungere poi la passata (se necessario, disciolta in un po' di acqua bollente) e portare a cottura a fuoco dolcissimo in un paio di ore o più.
Al momento di condire la pasta, completare il piatto con tanto pecorino.
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