Le ciuighe sono sicuramente uno dei salumi piu originali della nostra penisola. Sono un insaccato povero, anzi, talmente misero che specialmente a fine Ottocento e tra le due grandi guerre, quando imperversava la fame - lo si produceva con le rape dell'orto di casa impastatte con frattaglie o scarti della macellazione del maiale.
Rape bianche, tagliuzzate e cotte nel medesimo paiolo impiegato per preparare il pasto del porco. Anzi le rape sottratte al pasto dell'unico suino (rugànt) che la famiglia contadina poteva permettersi.
Questo salume era realizzato per soddisfare il fabbisogno domestico, usando i tagli meno pregiati della bestia e le carni avanzate dalla vendita ai mediatori e ai bottegai per pagare altri generi alimentari
Una volta insaccate nel budello del maiale e impastate con le rape, le ciuighe erano subito affumicate con fumo di rami di ginepro, pigne o frasche di larice. Un fumo proveniente da fuochi soffocati, accesi direttamente all'interno delle case in muratura, vicino la stalla, sotto le stanze dove si dormiva.
Il termine ciuighe non ha origini ben definite. Secondo i vecchi di San Lorenzo il nome sarebbe da attribuire all'esclamazione di un viandante, ospitato a un pranzo invernale. Alla vista dello strano salume - servito cotto, ancora fumante, in una scodella con patate lesse e una sorta di brodo - il commensale avrebbe esclamato : " Me pàr 'na ciuiga! ". Vale a dire : " Mi sembra una pigna ", di quelle affusolate, scure, che nel tardo autunno cadono dalle conifere dei caratteristici paesi alpini.
Per altri, invece il nome ciuiga e la sintesi dell'indentità del salume in questione, fatto con quanto si ha : ciò g'hai, appunto.
Le ciuighe dei nostri giorni sono decisamente più gustose e ben fatte di quanto tramandino i ricordi della fame. Ma non hanno perso il loro significato antropologico, il loro valore culturale, tanto che sono un segno d'appartenenza, un salume tutelato dall'orgoglio di un'intera comunità alpine.