La relazione presenta aspetti di notevole pignoleria; quindi mi scuso in anticipo con chi non fosse interessato alla questione.
La prima mafalda è stata acquistata nel cuore del quartiere S. Cristoforo, noto ai più per l'abbondanza di armi nascoste nelle case, abbondanza che pare sia maggiore delle mafalde nei panifici.
Acquistata per 0,15 euro alle ore 8,50. Calda di forno. Al successivo esame risulta pesare 113 gr (dicesi infatti “mafaldina”) e con mollica piuttosto compatta. Il panettiere, specificamente interpellato sull’uso di semola di grano duro nell’impasto, è andato a prendere il mitra. Io sono uscito prima che tornasse.
La seconda mafalda è stata acquistata nel cuore di uno dei templi mangerecci della città, la cosiddetta “Pescheria”; che è pescheria per modo di dire perché vi si vende di tutto (armi comprese? non so…). Trattasi anche in questo caso di mafaldina: al peso 99 gr. Vedrete dopo che le dimensioni sono le stesse della precedente; quindi maggior idratazione dell’impasto e maggiore leggerezza del prodotto finale che aveva, di conseguenza, mollica regolarmente alveolata. Costo, anche in questo caso, 0,15 euro. Considerata la precedente esperienza e visto che, al banco, c’era solo la commessa, non ho chiesto informazioni sulla composizione dell’impasto.
La terza mafalda è stata acquistata sempre in pescheria. Qui ci troviamo di fronte ad una vera mafalda. Infatti il peso è di 140 gr e le dimensioni sono canoniche (all’incirca la distanza che c’è tra le estremità del pollice e del mignolo a palmo esteso). Leggera, ben alveolata. Costo sempre di 0,15 euro. Mi son fatto forza e ho chiesto al panettiere dell’eventuale impiego di semola. Non scherzo se dico che questo aveva l’aria di volermi picchiare. Di certo m’ha preso per scemo!
La quarta mafalda proviene, invece, dal quartiere di Picanello. Sono andato a cercare uno dei panifici storici (storico per me che ci compravo il pane per la mamma quando s’abitava lì…). Come è frequente sui ricordi non bisogna mai fare affidamento. Il panificio c’è ancora ma s’è ingrandito con una sezione di gastronomia e generi alimentari e, forse, è anche cambiata la gestione. Qui la mafaldina è costata 0,20 euro (ma te la mettono nel sacchetto di carta), pesava 99 gr. e, al successivo esame la mollica risultava gommosa. Chiaro impiego di additivi per la panificazione che non si sa a cosa poi servano. La mafaldina, dopo due ore dalla sua uscita dal forno, è già immangiabile. Non so se si vedrà dalla fotografia ma anche la superficie è diversa, sembra leggermente biscottata.
Dopo una veloce passata in salumeria per prendere un prodotto indispensabile all’analisi organolettica delle mafalde, sono giunto al tavolo operatorio. Lì le mafalde sono state aperte, pesate, sezionate, annusate, tastate, giudicate ecc. ecc. Dalle foto che seguono potete capire che non è stata una operazione in perdita.






Siccome la domanda era: ma son davvero di pane bianco? ritengo di avere bene e fedelmente adempiuto al mio compito. Altre curiosità potranno essere soddisfatte su richiesta.
Ah! per la cronaca: il panino me lo sono mangiato! Voi tenetevi la fame!
