Questo piatto tipico della tradizione padana che in epoche lontane era l'unico pasto serale, ha origini veramente antiche e cullata da un senso di nostalgia per la mia terra che oramai ben poca tradizione gli rimane, voglio ricordare insieme a voi quelle 'dolci' cene da bambina, dove ogni tanto il mio papà richiedeva a gran voce la sua 'puta' accompagnando racconti delle "cà de ringhera...."
"dalla pult alla polenta
Il pane e le focacce, elaborazione degli sfarinati ricavati dai cereali, arrivarono nella penisola italiana dalla Grecia dell'epoca di Pericle, nel V secolo a.C.
I popoli italici avevano fino ad allora consumato i cereali sotto forma di minestra, bollendo le cariossidi fino a provocarne lo sfarinamento, o sotto forma di pappe (dette pultes) ottenute reimpastando la farina con acqua e cuocendola fino a farle assumere una certa consistenza. Queste pultes, di cui è memoria nel De agri coltura di Catone e nel De re coquinaria di Apicio, sono le dirette antenate delle nostre polente di farina di mais. Nelle vicende della cucina povera lombarda affiora senza soluzione di continuità il ricordo delle antiche polentine molli, in una varietà infinita di elaborazioni.
Termini come pult, polt, puta, puti, putiscia, putöö, comuni in quasi tutte le tradizioni culinarie della campagna padana, identificano appunto delle pappette e farinate, più o meno consistenti, ottenute dalla cottura di farina in acqua o latte, con un'ombra di condimento. "
farina, latte, burro, zucchero e/o sale (dipendeva solo se era l'unico piatto del pasto)
mettere gli ingradienti in casseruola a freddo e lasciare sul fuoco lento, continuando a mescolare fino ad una densità cremosa.
Gustare tiepida.